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Allen Azail Iverson: nato per essere il migliore

Allen Azail Iverson nasce il 7 giugno 1975 a Hampton, una città indipendente situata nello stato della Virginia. Sua madre, Ann, lo concepisce a iverson_bambino15 anni con Allen Iverson, un ragazzo del ghetto, che sta vicino alla ragazza fino al momento del parto, per poi sparire nel nulla. Ann, innamorata follemente di Allen, decide di dare al bambino lo stesso nome del padre. Il destino decide che Allen debba crescere in fretta. Infatti, Micheal Freeman, compagno della madre e padre delle sue sorelle, l’unico che sostenesse in maniera seria la famiglia, viene accusato di omicidio e torna in carcere, questa volta per sempre. Sì, torna in carcere, perché per aiutare economicamente Ann ci era già finito diverse volte per dei piccoli guai, soprattutto furti. In questo clima, che definire difficile è quasi un complimento, Allen, a soli 12 anni, è costretto a diventare l’uomo di famiglia. E’ lui, infatti, a crescere le sorelle ed a accudirle quando la madre è a lavoro.

Il destino avrebbe voluto che Allen Azail Iverson diventasse un grande giocatore di football, suo sport preferito, che praticava da ragazzino. Ma, a volte, il destino compie delle sviste, in questo caso una svista fortunata per i fans della palla a spicchi: un pomeriggio sua madre decide di andare a chiamare Allen per farlo rientrare in casa e lo vede giocare a basket con gli amici. Una madre qualunque non avrebbe fatto caso a niente e si sarebbe messa a urlare frasi del tipo: “Allen, è tardi! Vieni a casa!”. Ma non Ann. Ann lo vede e resta stupita delle cose che fa quel bambino di 10 anni e si convince che suo figlio sarebbe potuto diventare la salvezza della sua famiglia e diventare un professionista. Tanto che, a insaputa del bambino, lo iscrive nella squadra di basket locale. Il giorno dopo Allen si veste per uscire, ma sua madre lo ferma e gli dice: “Tu, oggi, non vai da nessuna parte. Tra mezz’ora passa il pulmino e vai a giocare a basket in una squadra”. Allen pianse per mezz’ora filata. Non considerava il basket come uno sport da uomini.

Arrivato alla palestra, con gli occhi inevitabilmente gonfi, però, vide che c’era qualche suo amico del football e si decise che forse andar là non sarebbe stato così male. Il suo primo allenatore resta a bocca aperta, quel ragazzino fa cose con il pallone che uno di 10 anni, probabilmente, non immagina neanche di poter fare da grande. Allen riesce a farsi anche un nome nell’ambito dei playground, dove passa gran parte del suo tempo libero, insieme all’amico di sempre: Tony Clarck. Tony e Allen sono inseparabili, si considerano fratelli. Ma la vita colpisce, nuovamente, il giovane Iverson: Tony viene trovato morto. Si scoprirà soltanto qualche tempo dopo che ad ucciderlo è stata la sua ex ragazza. Intanto Allen si iscrive alla alla Bethel High School, dove, con il suo grande carisma ed il suo grande talento, diventa subito la guardia titolareIverson_football della squadra di basket ed il quarterback titolare della squadra di football. A 15 anni il suo nome era già scritto sui blocchetti di molti talent scout, grazie al titolo di MVP di un camp, di basket, organizzato ad Indianapolis. A sedici riesce a far volare la squadra di football americano della Bethel, andando a conquistare il titolo statale ed il titolo di miglior quarterback. In questo anno il giovane Allen trova una sicurezza tale da dichiarare, più volte ed in modo convicente, che sarebbe potuto essere in grado di battere Micheal Jordan in uno contro uno. Durante i festeggiamenti per il titolo statale di football gli chiesero quale fosse il suo prossimo obiettivo. Lui non ci pensò un attimo e rispose subito: “Vincere anche sul parquet”. Detto fatto. Dopo appena un mese porta i suoi alla vittoria del titolo statale e fu eletto miglior giocatore della Virginia. A questo punto è chiaro che Allen deve soltanto scegliere se diventare una superstar nel football o nel basket. Ma prima il destino gli riserva, nuovamente, una pagina amara come una sconfitta di un punto sulla sirena: Iverson_highschoolviene arrestato. Per festeggiare le vittorie sportive, lui ed i suoi compagni si recarono in un locale, un bowling per l’esattezza, e fu in quel locale che trovarono dei guai. Sotto le spoglie di alcuni ragazzi ‘bianchi’, il destino crudele, raggiunse Allen ed i suoi amici, scatenando una rissa. Iverson fu processato ed accusato di aver colpito, con una sedia, una ragazza. Le immagini delle telecamere di sicurezza non confermano la versione dell’accusa e neanche il coinvolgimento di Allen Iverson nella rissa. Allen, infatti, compare all’inizio del filmato, per poi sparire, e non si vede nessuna sedia colpire ragazze. Il processo fu una vera e propria ingiustizia. Il giudice,iverson_prigione infatti, fece appello ad alcune legge razziali ancora in vigore e condannò Iverson ed alcuni suoi amici ad una pensa di 5 anni. La fine di tutto. La fine dei giochi, la fine dei sogni. Ma ecco arrivare l’eroe della situazione a tirar fuori dai guai lo sfortunato ragazzo. Dopo esser ricorso in appello, infatti, un nuovo giudice prese in mano il caso e, dopo aver visionato i filmati, tramutò la pensa in ‘soli’ 4 mesi. Iverson se li fa tutti senza dire ‘pè’. In carcere gli viene proibito di praticare sport, ma riesce, comunque, a non essere preso di mira dagli altri detenuti grazie ad alcuni carcerati amici del suo padre naturale ed a altri amici di Micheal Freeman.

Il tempo passato in carcere, oltre a farlo maturare ulteriormente, gli permette di decidere del suo futuro. E’ proprio in prigione che decide di voler giocare a basket e non a football. Una volta uscito, però, la sua reputazione aveva fatto tirare indietro tutti i suoi pretendenti. Non c’era un college che volesse avere Iverson. Le uniche persone a credere in lui sono quelli della Nike, che gli danno modo di mettersi in mostra al Prep-Star, evento molto seguito dagli scout dei college. E’ proprio qui che John Thompson, coach di Georgetown, ha modo di vederlo dal vivo e di parlare con la madre. Thompson resta molto colpito dal modo in cui la madre, quasi disperata, cerca di convincerlo a portare Allen a Washington e, capendo le problematiche di chi vive in un ghetto, essendoci cresciuto lui stesso, decide, fregandosene dell’opinione delle persone, di prenderlo sotto la sua ala protettrice. Alla Georgetown Thompson fa in modo che ad Allen non manchi niente e lo tiene lontano dalle malelingue.

Iverson_collegeNella nuova squadra è il migliore. Ha delle statistiche incredibili, che tralasciamo perché non renderebbero il giusto merito al maniera di giocare di Iverson. Per due anni di seguito vince il premio di miglior difensore e ruba-palloni e viene inserito nel quintetto ideale All-American. Il college, nonostante le agevolazioni, ha dei costi che la madre di Iverson non può sostenere. Così, dopo averne parlato a lungo con coach Thompson, Iverson decide, dopo soltanto due anni di college, di passare al professionismo, rendendosi eleggibile al Draft NBA del 1996 e diventando il primo giocatore, proveniente dalla Georgetown, a non essere arrivato al quarto anno.

Quell’anno la prima scelta assoluta se la giocano i Toronto Raptors ed i Philadelphia Seventysixers. Quando è stato annunciato che i Seventysixers avrebbero avuto la prima scelta Pat Croce, che all’epoca era General Manager dei Seventysixers, impazzì dalla gioia. Iniziò a mattere le mani ai colleghi e a saltare. Quello era il Draft di Iverson. Sì quel Draft vedeva molti altri campioni, Bryant e Ray Allen su tutti, ma l’idea di avere la possibilità di portare Allen Iverson a Philadelphia fece letteralmente impazzire Croce.

Alla sua prima stagione in NBA ha un impatto molto, molto, positivo, risultando il Rookie of the Year. In questa stagione Iverson si trova ad Iverson_draftaffrontare Michael Jordan, la leggenda, e, memore di quanto detto da bambino, prende palla e lo punta in uno contro uno. Palleggio, cross-over, le caviglie di Jordan si bloccano e Iverson lo supera e segna. Esattamente come aveva detto molti anni prima. Sempre nella sua stagione da rookie batte il recordo di Wilt Chamberlain, andando a segnare più di 40 punti per quattro partite consecutive. Le prestazioni del giovane Iverson, però, non bastano a trascinare Philadelphia ai play-off ed al termine della stagione la squadra cambia allenatore. A sedersi sulla panchina dei Sixers è Larry Brown. Tutto l’opposto di Iverson. Brown è un tradizionalista, amante del gioco di squadra ed il terrore di ogni individualista. Iverson invece è il nuovo, la voglia di cambiare gli schemi e vuole essere la squadra. Brown, però, vede in lui il punto da cui far ripartire la squadra e si libera di tutti i giocatori ‘ereditati’, scambiando per gregari di buon livello e sposta Iverson da playmaker a guardia, con l’intenzione di sfruttare al meglio le sue doti realizzative. Nonostante le tante critiche, la mossa si rivela decisiva e la squadra migliora anno per anno.Nel 1998-1999 Philadelphia centra i play-off dopo sette anni di assenza. Ai play-off, dopo aver superato contro ogni pronostico i Magic, partita in cui Iverson lascia il segno facendo registrare il record di 10 palle recuperate in una partita di play-off, i Sixers vengono eliminati dai Pacers. Al termine della stagione 1999-2000, stagione che lo vede per la prima volta all’All-Star Game, il suo rapporto con Brown si incrina definitivamente e, nonostante la sua voglia di restare a Philadelphia, Brown dice al General Manager di non voler trovare Iverson all’inizio della stagione 2000-2001.

Ad evitare il passaggio di Iverson ai Pistons fu il rifiuto di Mateen Cleaves di trasferirsi a Philadelphia. Coach Brown non fu molto contento, ma BKN-FINALS-76ERS-LAKERS-IVERSON2tuttavia riuscì a recuperare il rapporto con Allen Iverson, che una mattina si recò nel suo ufficio dicendo di essere pronto a seguire alla lettera i suoi insegnamenti. Brown prende la decisione di eleggerlo capitano della squadra. Quella stagione fu unica, i Seventysixers giocavano alla grande e Iverson vinse il titolo di MVP dell’All-Star Game. Durante la premiazione Iverson, che non è certo il tipo che si vergogna a parlare in pubblico, prese il microfono e ringraziò compagni, famiglia, amici e Larry Brown, chiedendo ossessivamente dove fosse, come Rocky con Adriana: l’avrebbe voluto affianco a sé in quel momento. Il rapporto tra i due ormai è ottimo. Philadelphia raggiunge i play-off e Iverson vince l’MVP della stagione regolare. Ai play-off riescono, finalmente, a battere Indiana, nonostante la sconfitta sulla sirena in gara 1. In gara due, Iverson trascina i suoi, segnando 45 punti, dando il ‘LA’ alla rimonta dei Sixers. Al secondo turno la sfida è contro i Raptors di Vince Carter e gara 1 si trasforma in una sorta di uno contro uno, che vede Carter segnare 54 punti e Iverson segnarne 50. La serie si decide in gara 7, dove a spuntarla sono i Sixers. In finale di conference gli avversari sono i Bucks e Iverson, uscito malconcio dalla serie precedente e costretto a vedere il minutaggio limitato ed a saltare una partita. Philadelphia riesce ad approdare in finale vincendo in gara 7. In finale ad attenderli ci sono i Los Angele Lakers, imbattuti ai play-off. In gara uno, però, i Lakers vedono terminare la propria imbattibilità e i Seventysixers portano a casa la vittoria. Il resto della serie, viste le condizioni fisiche precarie di molti giocatori di Philadelphia, Iverson su tutti, vede i Lakers portare a casa l’anello.

Nel 2003 Larry Brown, nuovo selezionatore e head-coach degli Stati Uniti lo vuole con sé nella Nazionale, che domina i Campionati Americani. Nel 2004, sempre Brown, lo nomina capitano della Nazionale ai Giochi Olimpici, che vedono gli USA arrivare al terzo posto, dopo essere stati sconfitti dall’Argentina di Manu Ginobili.

Nella stagione successiva Iverson trascina i suoi ai play-off, per poi cedere contro i Celtics. Anche l’anno successivo, nonostante il roaster fosse buono, nonIverson_nuggets riescono a centrale le finali NBA, uscendo sconfitti in semifinale di conference contro i Detroit Pistons. Dopo l’addio, a termine della stagione, di Larry Brown, viene spostato nuovamente a playmaker, ruolo che, grazie all’esperienza maturata, padroneggia in maniera migliore rispetto al suo anno da rookie. Tuttavia il suo rapporto con il nuovo coach lo porta ad essere escluso e poi ceduto, nel 2006, ai Denver Nuggets. Con la maglia dei Nuggets trova una buona intesa con Carmelo Anthony ed insieme trascinano, grazie ad un poderoso sprint finale, i Nuggets ai play-off. Nella post-season, però, vengono subito eliminati dai San Antonio Spurs, che vinceranno poi l’anello.

Nel 2008 passa ai Detroit Pistons, che per averlo mandano a Denver Andre Miller, Joe Smith e due scelte ai successivi Draft. Con i Pistons Iverson_pistonsgioca una sola stagione, tra l’altro senza giocare tantissimo, essendo limitato da un infortunio alla schiena. Al termine della stagione, essendo diventato un unrestrict free agent, decide di rescindere e passare ai Grizzlies. Con i Grizzlies, però, gioca appena 3 partite, tutte e tre partendo dalla panchina, dopodiché, molto infastidito dal non essere considerato un titolare, decide di rescindere e tornare al suo vero, grande, amore: Philadelphia. Il suo fisico, però, risente di tutti gli anni passati a mettere il cuore sul campo ed i problemi alle ossa gli consentano di giocare appena 25 partite.

Finita la stagione decide di passare, per preservare il suo fisico, in un campionato meno fisico, ma più tecnico, e firma con i turchi del Besiktas. I turchi, però, non riescono a godersi Iverson, che continua ad avere problemi fisici. Questa volta si parla di una calcificazione al ginocchio, che gli impedisce i Iverson Besiktasmovimenti e lo costringe a star fermo. A maggio 2011 dichiara di essere pronto per tornare in NBA, ma nonostante i rumors che si rincorrono, nessuna squadra decide di metterlo sotto contratto e lui, il 30 ottobre 2013 annuncia il suo ritiro dal professionismo. Il primo marzo 2014 i Seventysixers decidono di donare il giusto tributo ad uno dei più forti giocatori di sempre, ritirando la maglia numero 3, con una cerimonia in pompa magna.

Iverson è stato molto più di un titolo MVP, molto più di due MVP dell’All-Star Game, molto più di 4 titoli di miglior marcatore in NBA, molto più di tre volte ruba-palloni della lega, molto più di un componente, per tre volte, della  squadra ideale NBA, molto più di 11 partecipazioni consecutive all’All-Star Game. Allen Iverson è stato “the Answer”, la risposta, a tutti quelli che si chiedono: “Ce la farà mai un ragazzo del ghetto a diventare qualcuno?”. E quella risposta è: “If you can dream it, you can do it”.

Per Dunk NBA
Shedly Chebbi
(@shedly7)

Video-NBA, Derek Fisher: “Credo sia giunto il momento di chiudere la mia carriera”

“Raramente mi è capitato di usare la parola ritiro, ma credo che sia giunto il momento di chiudere la mia carriera. Voglio ritirarmi da vincente, abbiamo tutte le carte in regola per raggiungere il titolo.”

Queste sono le parole riportate dal “LA Daily News” e proferite da Derek Fisher. Il playmaker, attualmente a Oklahoma, si ritirerà a fine stagione.

Fisher va ad aggiungersi a una sfilza di superstar che hanno annunciato il proprio ritiro nel corso del 2013: Jason Kidd, Rasheed Wallace, Tracy McGrady e Allen Iverson.

Derek Fisher è stato selezionato nel draft NBA 1996 dai Los Angeles Lakers come 24a scelta con cui ha fatto incetta di titoli: sul suo palmarés, infatti, sono in bella mostra i 5 titoli vinti con la franchigia californiana (2000, 2001, 2002, 2009 e 2010).

Un giocatore che metteva in campo il cuore, la grinta e la passione per questo gioco, ovviando così ai suoi limiti fisici. Memorabile fu il suo canestro a 0.4 secondi dalla fine di Gara 5 della semifinale di Conference contro gli Spurs. Vi lasciamo con il video di questa splendida giocata:

http://www.youtube.com/watch?v=Dqd1Rx82bno#t=12

G.F.