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Pistons, arriva Van Gundy: linfa vitale per Datome, ecco perchè!

Stan Van Gundy è il nuovo head coach dei Detroit Pistons: adesso è arrivata anche l’ufficialità dell’accordo annunciato ieri con la franchigia situata nella regione dei Grandi Laghi.
Il 54enne ex coach degli Orlando Magic (stagione 2011-2012) si era ritirato dall’attività per dedicarsi alla sua vita privata, ma ha deciso di rimettersi in carreggiata viste le numerose offerte arrivate sulla sua scrivania. Prima i Warriors, di cui non ha accettato le condizioni, e quindi i Pistons, che invece gli hanno lasciato carta bianca sia per la gestione tecnica che per quella manageriale e gestionale della società, lasciandolo diventare al tempo stesso sia allenatore che general manager.
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SVG ha firmato un contratto quinquennale da 35 milioni: visto il tipo di gioco che ha in mente per la franchigia di Detroit, ci sarà sicuramente un rilancio per il nostro Gigi Datome. Van Gundy infatti ama e pratica un gioco perimetrale, sfruttando soprattutto le doti dei propri tiratori da tre fuori dall’arco e Datome in questo potrebbe essere davvero decisivo dalla panchina. Ci sarà anche un pò d’Italia nei nuovi Pistons?
@MarkTarantino89

Pistons, il timone passa a Jackson?

Al termine di una stagione passata, per lo più, a perdere, i Detroit Pistons cambieranno allenatore. Il nome del successore di John Loyer potrebbe essere quello di Mark Jackson, ormai ex head coach dei Golden State WarriorsI Pistons, che dovrebbero cambiare sotto ogni punto di vista (dal Genaral Manager in giù), avrebbero individuato nell’ex playmaker dei Knicks l’uomo giusto per la rinascita della franchigia, che quest’anno ha faticato non poco.detroit-pistons-drummond-monroe

Dopo aver condotto i Warriors a due play-off, Jackson è stato licenziato da Bob Myers, GM di Golden State già accostato proprio ai Pistons, ma è stato difeso, a spada tratta, dai suoi giocatori, su tutti Steph Curry, che più volte ha dichiarato di non essere d’accordo con il suo allonatamento. Il probabile arrivo di Jackson, però, spaventa un po’ la dirigenza di Detroit, visto che da quando è coach, cioè dal 2011, ha già allontanato diversi collaboratori per incongruenze carattieriali. L’affare, però, non è ancora andato in porto, i Pistons, infatti, stanno ancora decidendo se puntare tutto su Jackson, affidandosi ad un buon allenatore, o se affidare la gestione della franchigia a Bob Myers, essendo i due, ormai, incompatibili.

Shedly Chebbi (@shedly7)

Gigi Datome racconta la sua NBA: “Spurs favoriti per l’anello, LeBron e KD i migliori”

Finita la regula season NBA, a Gigi Datome sono rimaste in mano poche presenze e tante, troppe, panchine. L’ex Virtus aveva ben figurato ad inizio stagione, ma quasi subito era uscito dai piani di Mo Cheeks. Poi, col cambio in panchina e l’arrivo di John Loyer, si era sperato che al nostro Jesus fosse concessa qualche chances in più, ma così non è stato. Era prevedibile, certo, al primo anno di NBA, ma Datome non può nascondere una punte di amarezza nell’intervista pubblicata oggi sulla versione online del quotidiano romano, Il Messaggero.

Che stagione è stata quella appena conclusa?

«Anche se l’anno è stato difficile, l’esperienza è stata bella: mi sono confrontato con il miglior campionato del mondo».

Alla vigilia, però, si aspettava qualcosa in più, vero?

«Avevo fiducia anche per quello che avevo dato in estate. Il problema al piede rimediato con la nazionale, dove volevo giocare sempre, mi ha un po’ limitato».

Lei, però, è felice lo stesso.

«Quest’anno mi ha completato, in campo e fuori. Adesso so che posso fare parte di questo gruppo. E ho tanta voglia: tra un paio di settimane torno a Detroit per allenarmi e ci rimarrò fino a fine giugno per rispondere alla chiamata della nazionale».

L’Italia è sempre nel suo cuore.

«Per me la maglia azzurra è una priorità. Penso che per un giocatore che raggiunge un certo status andare in nazionale è un dovere».Datome

In estate ci saranno le qualificazioni per l’Europeo 2015 e non il Mondiale. Giusta la scelta del presidente Petrucci di non cercare la wild card?

«Un peccato non essere in Spagna. Sarebbe stata una tappa di un’ulteriore crescita. Sarà bene, adesso, concentrarci per le qualificazioni per l’Europeo 2015 dove l’Italia tornerà grande».

Intanto il presidente Petrucci sta per varare una tivù per il basket. Scelta giusta, questa?

«Perfetta. La pallacanestro ha bisogno di essere conosciuta. È raro che chi la guarda non si innamori di questo sport. Sarebbe bello che gli sponsor della nazionale ricalchino il percorso dell’Italia del rugby investendo nell’immagine».

Dall’America ha seguito la sua ex squadra, la Virtus Roma. Qual è il suo giudizio sul team di Dalmonte?

«Roma sta disputando un’annata positiva. Con un budget ridotto è saldamente nei playoff. Certo, ha avuto alcuni passi falsi che non c’erano stati lo scorso anno ma con risorse minori, oggi, rispetto ad allora. E poi ha perso Jordan Taylor, il play, a metà stagione».

Datome
Che Virtus è stata la sua lo scorso anno?

«Il miglior gruppo mai incontrato da quando gioco».

Quando la vedrà giocare, Roma?

«Vengo sabato per assistere alla partita contro Pistoia. Roma, gli amici, la città, la Virtus, mi mancano davvero».

Qual è il suo pronostico per lo scudetto?

«Credo che Milano sia la squadra più attrezzata per giocare sette partite e non ne vedo un’altra in grado di batterla anche se la pressione, a volte, fa brutti scherzi. Questo lo sanno anche loro».

Intanto c’è qualche problema con Siena: questione di bilanci. Cosa pensa di questo?

«Preferisco non dire nulla ora. Mi dispiace che ci siano i riflettori puntati sul movimento italiano».

Lei è andato nella Nba lo scorso anno. Vede qualche giocatore italiano pronto per il salto?

«Diversi hanno la possibilità di venire, ma dipende da molte circostanze. Io ci sono riuscito dopo la bella stagione con Roma. Alessandro Gentile? Mi piace tantissimo. Lo scorso anno ha giocato da esordiente un europeo e sembrava un trentenne per esperienza».

Gigi, qual è stata la sorpresa più grande negli Stati Uniti?

«L’America la conoscevo ma la sorpresa maggiore è stata vedere la totale libertà concessa ai giocatori per preparare le partite. Mai nessuno che ti obbliga a un allenamento ma se chiedi di andare prima o rimanere, tutto lo staff rimane a seguirti».

Nella Nba siamo ai playoff. Chi vince l’anello?

«Spero San Antonio. Sarebbe bello per l’Italia visto che ci gioca Belinelli ma anche Ginobili. Gli Spurs li vedo in finale con Miami ma San Antonio è più divertente: gioca la pallacanestro più bella».

Qual è stato il giocatore che l’ha colpita di più?

«LeBron James. È il padrone del campo, ha in mano la situazione in ogni attimo, legge gli attacchi degli avversari, chiama le difese. Poi Durant per la facilità di fare canestro e arrivare con un palleggio al ferro».James vs Durant

Cosa prevede Datome per la seconda stagione nella Nba?

«L’obiettivo è arrivare al top al training camp e mostrare il meglio. E lì, grazie a Dio, non si sta in panchina. In questo modo potrò entrare fisso nelle rotazioni. E se non gioco, non mi diverto. Quest’anno sono stato a un metro dal campo troppo tempo. Ma era da prevedere».

Cosa le manca dell’Italia in America?

«La partita della domenica che di lascia tranquillo o ti fa stare male per una settimana. Nella Nba si giocano tante gare e una sconfitta passa subito. In America, in campo non c’è la stessa cattiveria, sportiva ovviamente, che c’è qui».

Intanto il basket italiano è in crisi. Cosa manca?

«Occorre tornare ad investire e avremo una bella pallacanestro. Intanto, senza tanti soldi, ci vogliono le idee».

 

Fonte: ilmessaggero.it

Cavaliers @Pistons 97-96: il Buzzer beater di Dion Waiters fa sognare Cleveland (video)

Pazzesca la gara andata in scena stanotte @Palace of Auburn Hills di Detroit dove i padroni di casa ospitavano Cleveland reduce da 2 vittorie consecutive e una ritrovata autostima nonostante l’assenza forzata per infortunio della stella Kyrie Irving.

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Copione gia visto per i tifosi dei Pistons: tre quarti di buona pallacanestro in vantaggio costante, poi il crollo finale nell’ultimo quarto coronato dal Buzzer Beater di Dion Waiters (18 pts, 4 rbz, 4 ass) quando mancavano appena 3 secondi alla fine della gara.

Detroit parte bene grazie alla coppia Brandon Jennings (17 pts, 5 rbz, 13 ass) –Josh Smith (24 pts, 8 rbz, 6 ass) prendendo il largo.

Sono le triple di Matt Dellavedova (21 pts, 3 rbz, 6 ass, 5/7 dalla lunga distanza) e il solito contributo concreto di Jarrett Jack (17 pts, 2 rbz, 1 ass) a far rientrare gli ospiti in gara nel secondo quarto.

Il terzo quarto vede Detroit spingere nuovamente sull’acceleratore con Smith e Greg Monroe (14 pts, 8 rbz, 1 ass) arrivando a un massimo vantaggio di 16 punti.

Ancora il duo Dellavedova-Jack si carica la squadra sulle spalle e, coadiuvati da Dion Waiters arrivano a fine gara con una situazione in sostanziale equilibrio.

Sarà il canestro sulla sirena di Waiters a decidere l’incontro a favore degli uomini di coach Brown.

Per i Pistons in doppia cifra anche Kyle Singler (18 pts, 3 rbz, 2 ass), mentre per i Cavs altra doppia di Anderson Varejao con 12 punti e 16 rimbalzi.

Con questo risultato Detroit vede sfumare quasi definitivamente il sogno playoff, mentre Cleveland puo ancora sperare.

Ancora 0 minuti per il nostro Gigi Datome, relegato in panchina per tutta la gara.

UP Next for the Cavs : domani @Brooklyn

UP Next for the Pistons : domani VS Miami

 

VIDEO :

 

 

Allen Azail Iverson: nato per essere il migliore

Allen Azail Iverson nasce il 7 giugno 1975 a Hampton, una città indipendente situata nello stato della Virginia. Sua madre, Ann, lo concepisce a iverson_bambino15 anni con Allen Iverson, un ragazzo del ghetto, che sta vicino alla ragazza fino al momento del parto, per poi sparire nel nulla. Ann, innamorata follemente di Allen, decide di dare al bambino lo stesso nome del padre. Il destino decide che Allen debba crescere in fretta. Infatti, Micheal Freeman, compagno della madre e padre delle sue sorelle, l’unico che sostenesse in maniera seria la famiglia, viene accusato di omicidio e torna in carcere, questa volta per sempre. Sì, torna in carcere, perché per aiutare economicamente Ann ci era già finito diverse volte per dei piccoli guai, soprattutto furti. In questo clima, che definire difficile è quasi un complimento, Allen, a soli 12 anni, è costretto a diventare l’uomo di famiglia. E’ lui, infatti, a crescere le sorelle ed a accudirle quando la madre è a lavoro.

Il destino avrebbe voluto che Allen Azail Iverson diventasse un grande giocatore di football, suo sport preferito, che praticava da ragazzino. Ma, a volte, il destino compie delle sviste, in questo caso una svista fortunata per i fans della palla a spicchi: un pomeriggio sua madre decide di andare a chiamare Allen per farlo rientrare in casa e lo vede giocare a basket con gli amici. Una madre qualunque non avrebbe fatto caso a niente e si sarebbe messa a urlare frasi del tipo: “Allen, è tardi! Vieni a casa!”. Ma non Ann. Ann lo vede e resta stupita delle cose che fa quel bambino di 10 anni e si convince che suo figlio sarebbe potuto diventare la salvezza della sua famiglia e diventare un professionista. Tanto che, a insaputa del bambino, lo iscrive nella squadra di basket locale. Il giorno dopo Allen si veste per uscire, ma sua madre lo ferma e gli dice: “Tu, oggi, non vai da nessuna parte. Tra mezz’ora passa il pulmino e vai a giocare a basket in una squadra”. Allen pianse per mezz’ora filata. Non considerava il basket come uno sport da uomini.

Arrivato alla palestra, con gli occhi inevitabilmente gonfi, però, vide che c’era qualche suo amico del football e si decise che forse andar là non sarebbe stato così male. Il suo primo allenatore resta a bocca aperta, quel ragazzino fa cose con il pallone che uno di 10 anni, probabilmente, non immagina neanche di poter fare da grande. Allen riesce a farsi anche un nome nell’ambito dei playground, dove passa gran parte del suo tempo libero, insieme all’amico di sempre: Tony Clarck. Tony e Allen sono inseparabili, si considerano fratelli. Ma la vita colpisce, nuovamente, il giovane Iverson: Tony viene trovato morto. Si scoprirà soltanto qualche tempo dopo che ad ucciderlo è stata la sua ex ragazza. Intanto Allen si iscrive alla alla Bethel High School, dove, con il suo grande carisma ed il suo grande talento, diventa subito la guardia titolareIverson_football della squadra di basket ed il quarterback titolare della squadra di football. A 15 anni il suo nome era già scritto sui blocchetti di molti talent scout, grazie al titolo di MVP di un camp, di basket, organizzato ad Indianapolis. A sedici riesce a far volare la squadra di football americano della Bethel, andando a conquistare il titolo statale ed il titolo di miglior quarterback. In questo anno il giovane Allen trova una sicurezza tale da dichiarare, più volte ed in modo convicente, che sarebbe potuto essere in grado di battere Micheal Jordan in uno contro uno. Durante i festeggiamenti per il titolo statale di football gli chiesero quale fosse il suo prossimo obiettivo. Lui non ci pensò un attimo e rispose subito: “Vincere anche sul parquet”. Detto fatto. Dopo appena un mese porta i suoi alla vittoria del titolo statale e fu eletto miglior giocatore della Virginia. A questo punto è chiaro che Allen deve soltanto scegliere se diventare una superstar nel football o nel basket. Ma prima il destino gli riserva, nuovamente, una pagina amara come una sconfitta di un punto sulla sirena: Iverson_highschoolviene arrestato. Per festeggiare le vittorie sportive, lui ed i suoi compagni si recarono in un locale, un bowling per l’esattezza, e fu in quel locale che trovarono dei guai. Sotto le spoglie di alcuni ragazzi ‘bianchi’, il destino crudele, raggiunse Allen ed i suoi amici, scatenando una rissa. Iverson fu processato ed accusato di aver colpito, con una sedia, una ragazza. Le immagini delle telecamere di sicurezza non confermano la versione dell’accusa e neanche il coinvolgimento di Allen Iverson nella rissa. Allen, infatti, compare all’inizio del filmato, per poi sparire, e non si vede nessuna sedia colpire ragazze. Il processo fu una vera e propria ingiustizia. Il giudice,iverson_prigione infatti, fece appello ad alcune legge razziali ancora in vigore e condannò Iverson ed alcuni suoi amici ad una pensa di 5 anni. La fine di tutto. La fine dei giochi, la fine dei sogni. Ma ecco arrivare l’eroe della situazione a tirar fuori dai guai lo sfortunato ragazzo. Dopo esser ricorso in appello, infatti, un nuovo giudice prese in mano il caso e, dopo aver visionato i filmati, tramutò la pensa in ‘soli’ 4 mesi. Iverson se li fa tutti senza dire ‘pè’. In carcere gli viene proibito di praticare sport, ma riesce, comunque, a non essere preso di mira dagli altri detenuti grazie ad alcuni carcerati amici del suo padre naturale ed a altri amici di Micheal Freeman.

Il tempo passato in carcere, oltre a farlo maturare ulteriormente, gli permette di decidere del suo futuro. E’ proprio in prigione che decide di voler giocare a basket e non a football. Una volta uscito, però, la sua reputazione aveva fatto tirare indietro tutti i suoi pretendenti. Non c’era un college che volesse avere Iverson. Le uniche persone a credere in lui sono quelli della Nike, che gli danno modo di mettersi in mostra al Prep-Star, evento molto seguito dagli scout dei college. E’ proprio qui che John Thompson, coach di Georgetown, ha modo di vederlo dal vivo e di parlare con la madre. Thompson resta molto colpito dal modo in cui la madre, quasi disperata, cerca di convincerlo a portare Allen a Washington e, capendo le problematiche di chi vive in un ghetto, essendoci cresciuto lui stesso, decide, fregandosene dell’opinione delle persone, di prenderlo sotto la sua ala protettrice. Alla Georgetown Thompson fa in modo che ad Allen non manchi niente e lo tiene lontano dalle malelingue.

Iverson_collegeNella nuova squadra è il migliore. Ha delle statistiche incredibili, che tralasciamo perché non renderebbero il giusto merito al maniera di giocare di Iverson. Per due anni di seguito vince il premio di miglior difensore e ruba-palloni e viene inserito nel quintetto ideale All-American. Il college, nonostante le agevolazioni, ha dei costi che la madre di Iverson non può sostenere. Così, dopo averne parlato a lungo con coach Thompson, Iverson decide, dopo soltanto due anni di college, di passare al professionismo, rendendosi eleggibile al Draft NBA del 1996 e diventando il primo giocatore, proveniente dalla Georgetown, a non essere arrivato al quarto anno.

Quell’anno la prima scelta assoluta se la giocano i Toronto Raptors ed i Philadelphia Seventysixers. Quando è stato annunciato che i Seventysixers avrebbero avuto la prima scelta Pat Croce, che all’epoca era General Manager dei Seventysixers, impazzì dalla gioia. Iniziò a mattere le mani ai colleghi e a saltare. Quello era il Draft di Iverson. Sì quel Draft vedeva molti altri campioni, Bryant e Ray Allen su tutti, ma l’idea di avere la possibilità di portare Allen Iverson a Philadelphia fece letteralmente impazzire Croce.

Alla sua prima stagione in NBA ha un impatto molto, molto, positivo, risultando il Rookie of the Year. In questa stagione Iverson si trova ad Iverson_draftaffrontare Michael Jordan, la leggenda, e, memore di quanto detto da bambino, prende palla e lo punta in uno contro uno. Palleggio, cross-over, le caviglie di Jordan si bloccano e Iverson lo supera e segna. Esattamente come aveva detto molti anni prima. Sempre nella sua stagione da rookie batte il recordo di Wilt Chamberlain, andando a segnare più di 40 punti per quattro partite consecutive. Le prestazioni del giovane Iverson, però, non bastano a trascinare Philadelphia ai play-off ed al termine della stagione la squadra cambia allenatore. A sedersi sulla panchina dei Sixers è Larry Brown. Tutto l’opposto di Iverson. Brown è un tradizionalista, amante del gioco di squadra ed il terrore di ogni individualista. Iverson invece è il nuovo, la voglia di cambiare gli schemi e vuole essere la squadra. Brown, però, vede in lui il punto da cui far ripartire la squadra e si libera di tutti i giocatori ‘ereditati’, scambiando per gregari di buon livello e sposta Iverson da playmaker a guardia, con l’intenzione di sfruttare al meglio le sue doti realizzative. Nonostante le tante critiche, la mossa si rivela decisiva e la squadra migliora anno per anno.Nel 1998-1999 Philadelphia centra i play-off dopo sette anni di assenza. Ai play-off, dopo aver superato contro ogni pronostico i Magic, partita in cui Iverson lascia il segno facendo registrare il record di 10 palle recuperate in una partita di play-off, i Sixers vengono eliminati dai Pacers. Al termine della stagione 1999-2000, stagione che lo vede per la prima volta all’All-Star Game, il suo rapporto con Brown si incrina definitivamente e, nonostante la sua voglia di restare a Philadelphia, Brown dice al General Manager di non voler trovare Iverson all’inizio della stagione 2000-2001.

Ad evitare il passaggio di Iverson ai Pistons fu il rifiuto di Mateen Cleaves di trasferirsi a Philadelphia. Coach Brown non fu molto contento, ma BKN-FINALS-76ERS-LAKERS-IVERSON2tuttavia riuscì a recuperare il rapporto con Allen Iverson, che una mattina si recò nel suo ufficio dicendo di essere pronto a seguire alla lettera i suoi insegnamenti. Brown prende la decisione di eleggerlo capitano della squadra. Quella stagione fu unica, i Seventysixers giocavano alla grande e Iverson vinse il titolo di MVP dell’All-Star Game. Durante la premiazione Iverson, che non è certo il tipo che si vergogna a parlare in pubblico, prese il microfono e ringraziò compagni, famiglia, amici e Larry Brown, chiedendo ossessivamente dove fosse, come Rocky con Adriana: l’avrebbe voluto affianco a sé in quel momento. Il rapporto tra i due ormai è ottimo. Philadelphia raggiunge i play-off e Iverson vince l’MVP della stagione regolare. Ai play-off riescono, finalmente, a battere Indiana, nonostante la sconfitta sulla sirena in gara 1. In gara due, Iverson trascina i suoi, segnando 45 punti, dando il ‘LA’ alla rimonta dei Sixers. Al secondo turno la sfida è contro i Raptors di Vince Carter e gara 1 si trasforma in una sorta di uno contro uno, che vede Carter segnare 54 punti e Iverson segnarne 50. La serie si decide in gara 7, dove a spuntarla sono i Sixers. In finale di conference gli avversari sono i Bucks e Iverson, uscito malconcio dalla serie precedente e costretto a vedere il minutaggio limitato ed a saltare una partita. Philadelphia riesce ad approdare in finale vincendo in gara 7. In finale ad attenderli ci sono i Los Angele Lakers, imbattuti ai play-off. In gara uno, però, i Lakers vedono terminare la propria imbattibilità e i Seventysixers portano a casa la vittoria. Il resto della serie, viste le condizioni fisiche precarie di molti giocatori di Philadelphia, Iverson su tutti, vede i Lakers portare a casa l’anello.

Nel 2003 Larry Brown, nuovo selezionatore e head-coach degli Stati Uniti lo vuole con sé nella Nazionale, che domina i Campionati Americani. Nel 2004, sempre Brown, lo nomina capitano della Nazionale ai Giochi Olimpici, che vedono gli USA arrivare al terzo posto, dopo essere stati sconfitti dall’Argentina di Manu Ginobili.

Nella stagione successiva Iverson trascina i suoi ai play-off, per poi cedere contro i Celtics. Anche l’anno successivo, nonostante il roaster fosse buono, nonIverson_nuggets riescono a centrale le finali NBA, uscendo sconfitti in semifinale di conference contro i Detroit Pistons. Dopo l’addio, a termine della stagione, di Larry Brown, viene spostato nuovamente a playmaker, ruolo che, grazie all’esperienza maturata, padroneggia in maniera migliore rispetto al suo anno da rookie. Tuttavia il suo rapporto con il nuovo coach lo porta ad essere escluso e poi ceduto, nel 2006, ai Denver Nuggets. Con la maglia dei Nuggets trova una buona intesa con Carmelo Anthony ed insieme trascinano, grazie ad un poderoso sprint finale, i Nuggets ai play-off. Nella post-season, però, vengono subito eliminati dai San Antonio Spurs, che vinceranno poi l’anello.

Nel 2008 passa ai Detroit Pistons, che per averlo mandano a Denver Andre Miller, Joe Smith e due scelte ai successivi Draft. Con i Pistons Iverson_pistonsgioca una sola stagione, tra l’altro senza giocare tantissimo, essendo limitato da un infortunio alla schiena. Al termine della stagione, essendo diventato un unrestrict free agent, decide di rescindere e passare ai Grizzlies. Con i Grizzlies, però, gioca appena 3 partite, tutte e tre partendo dalla panchina, dopodiché, molto infastidito dal non essere considerato un titolare, decide di rescindere e tornare al suo vero, grande, amore: Philadelphia. Il suo fisico, però, risente di tutti gli anni passati a mettere il cuore sul campo ed i problemi alle ossa gli consentano di giocare appena 25 partite.

Finita la stagione decide di passare, per preservare il suo fisico, in un campionato meno fisico, ma più tecnico, e firma con i turchi del Besiktas. I turchi, però, non riescono a godersi Iverson, che continua ad avere problemi fisici. Questa volta si parla di una calcificazione al ginocchio, che gli impedisce i Iverson Besiktasmovimenti e lo costringe a star fermo. A maggio 2011 dichiara di essere pronto per tornare in NBA, ma nonostante i rumors che si rincorrono, nessuna squadra decide di metterlo sotto contratto e lui, il 30 ottobre 2013 annuncia il suo ritiro dal professionismo. Il primo marzo 2014 i Seventysixers decidono di donare il giusto tributo ad uno dei più forti giocatori di sempre, ritirando la maglia numero 3, con una cerimonia in pompa magna.

Iverson è stato molto più di un titolo MVP, molto più di due MVP dell’All-Star Game, molto più di 4 titoli di miglior marcatore in NBA, molto più di tre volte ruba-palloni della lega, molto più di un componente, per tre volte, della  squadra ideale NBA, molto più di 11 partecipazioni consecutive all’All-Star Game. Allen Iverson è stato “the Answer”, la risposta, a tutti quelli che si chiedono: “Ce la farà mai un ragazzo del ghetto a diventare qualcuno?”. E quella risposta è: “If you can dream it, you can do it”.

Per Dunk NBA
Shedly Chebbi
(@shedly7)

Pistons @ Celtics 111-118 : un Jeff Green sugli scudi infiamma il TD Garden (video)

Partita molto accesa e combattuta quella andata in scena stanotte al “TD Garden” di Boston dove i Celtics hanno avuta la meglio dei Pistons del nostro Gigi Datone, puntualmente inchiodato in panchina col solito zero nella casella dei minuti giocati.

Jeff-Green

Detroit riesce a vincere facilmente la lotta a rimbalzo (54-39!) ma non è abbastanza : Jeff Green (27 pts, 3 rbz, 1 ass), Khris Humphries (20 pts high-stagionale, 11 rbz, 2 ass) e Kelly Olynyk (18 pts, 6 rbz, 2 ass) trascinano i padroni di casa alla vittoria finale.

Best-scorer per gli ospiti è stato Josh Smith (28 pts, 11 rbz, 1 ass) mentre Greg Monroe mette a referto 22 punti, 14 rimbalzi e 4 assist.

Miglior rimbalzista della serata il solito Drummond : 22 rimbalzi totali per lui di cui 12 offensivi e 10 offensivi accompagnati da 18 punti realizzati.

Detroit ha inseguito per tutta la gara Boston riuscendo ad arrivare al -4 quando mancavano 48 secondi da giocare (113-109).

Errore di Rondo e possibilità di arrivare al -2 vanificata da una stoppatona di Humphries che va poi in lunetta per siglare la definitiva resa dei Pistons.

Da evidenziare i 18 assist di Rajon Rondo con 11 punti totali : superato Bill Russell nella classifica assist di tutti i tempi di Boston : 4101 per Rondo mentre Russell resta fermo a 4100.

 

UP Next for the Pistons : domani VS Sacramento

UP Next for the Celtics : domani @ Indiana

 

 

VIDEO :

 

Miami ospita i Bobcats, mentre Bulls-Nets è già scontro play-off.

Una notte di transizione quella in Nba, dove soltanto Bulls-Nets può regalare qualche spunto interessante. Chicago, con un Joakim Noah in forma, potrebbe scavalcare i Raptors e fermare la rincorsa dei Nets verso il terzo posto. Brooklyn dopo la rimonta per entrare in zona play-off, si è comunque stabilizzata prendendo un ritmo nella media, che però ad Est, basta e avanza per conservare una buona posizione nelle prime 8. In mezzo alle due ci sono i Wizard, che al momento occupano il quinto posto e che battendo i Grizzlies, potrebbero approfittare di qualsiasi risultato che verrà fuori a New York (sponda Brooklyn). Nella città dei motori, Detroit ospita i Knicks, due roster di qualità differenti, ma che al momento, vedono più vicino ai play-off i Pistons, con il talento di Carmelo Anthony sempre più sprecato dalla franchigia della grande mela. Le partite di distanza sono sei per i Knicks, nessuna squadra è mai riuscita a colmare un gap cosi distante, ma i miracoli nello sport sono all’ordine del giorno. Portland, ospitando i Lakers, ha l’occasione ideale per difendere ancora il terzo posto ritrovato da circa una settimana, su i Clippers e i Rockets.

Lebron James 2

Le altre gare della notte:
Utah-Milwuakee
Minnesota-Denver
New Orleans-Sacramento

Pistons @ Spurs 110-120, Belinelli e Ginobili spostano gli equilibri (video)

All’AT&T Center di San Antonio, Texas, gli Spurs, ancora privi di Tony Parker, affrontano i Detroit Pistons.
Nel primo quarto gli Spurs sono bravi a mettere la partita sulle rotaie giusto, portandosi sul 22-28, ma nel finale si fanno rimontare dai Piston fino al 26-28. Nel secondo periodo la partita continua sulla falsa riga del primo quarto, con San Antonio che questa volta è abile a controsorpassare il vantaggio di Detroit, andando a chiudere il primo tempo sul risultato di 53-57. Al rientro sul parquet, nonostante i Piston diano una buona prova in fase offensiva, gli Spurs riescono ad essere più concreti degli avversari, andando a prendersi un buon vantaggio in vista dell’ultima frazione, chiudendo il quarto sul risultato di 81-90. Nell’ultimo periodo San Antonio gestisce bene le minacce portate da Detroit, andando ad allungare di un ulteriore punto, chiudendo la partita sul 110-120.
Per gli Spurs buonissima prestazione di Marco Belinelli, che parte dalla partita e gioca 27 minuti, mettendo a segno 20 punti. Buone anche le prove di Ginobili, che mette a segno 16 punti dalla panchina.
Per i Pistons spicca la prestazione di Josh Smith, che mette a segno 24 punti. Da segnalare anche le prove di Stuckey, autore di 17 punti, Bynum, che fa registrare 18 punti, e Drummon, che mette a referto una doppia doppia con 16 punti e 17 rimbalzi.

Per Dunk NBA
Shedly Chebbi
(@shedly7)