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Taco Fall, il cestista delle high school più alto del mondo (VIDEO)

È alto 2.26 metri e la sua apertura alare misura 2.40 metri. Non stiamo parlando di una star della NBA ma di un giocatore delle high school. Non uno come gli altri, però: si tratta di Elhadji Serigne Tacko Diop Fall, comunemente conosciuto come Tacko Fall , il cestista liceale più alto del mondo. Il centro nativo di Dakar, capitale del Senegal, ha militato la scorsa stagione nel Florida’s Liberty Christian Prep registrando una media di 11 punti e 5 rimbalzi a partita.

 

 

Il video che su You Tube gira da qualche settimana ha ottenuto più di 800mila visualizzazioni mostra la facilità del giovane centro statunitense sia nel possesso palla che nelle schiacciate, rendendo impossibile marcarlo per quelli che, in confronto a lui, sono dei lillipuziani. Inoltre c’è da sottolineare che l’altezza media di un professionista NBA è di 2 metri, mentre l’altezza media di un pivot delle high school raggiunge 1.80 metri. E lui, come si può notare nel filmato, sembra non avere rivali quando ha tra le mani la sfera.

 

Valerio Scalabrelli – @Scalabro92

Un trono per quattro: guida ufficiosa alla NCAA Final Four 2014

Da qualche giorno a questa parte, guai a chi parla di tabelloni, di zone, di favoriti e sfavoriti, di pronostici e previsioni. Siamo entrati in quel periodo dell’anno nel quale la NCAA si riduce ad un numero, il quattro, non solo come le iniziali che compongono la sigla dell’associazione sportiva studentesca più famosa degli Stati Uniti, ma anche e soprattutto come le squadre che da sabato a lunedì si contenderanno il massimo trofeo del panorama cestistico collegiale. Il cuore del basket nazionale è stato trapiantato da New York City, sede della National Basketball Association, e spostato temporaneamente ad Arlington, città della Contea di Tarrant, situata nel nord del Texas, dove Wisconsin, Kentucky, Florida e Connecticut si daranno battaglia: l’AT&T Stadium, casa dei Dallas Cowboys, franchigia della National Football League, e luogo principale del Cotton Bowl Classic (nome con il quale si indica una partita di football tra college della Big 12 ed della South Eastern Conference) si trasformerà per due notti nell’arena dove finirà, nel bene o nel male, il percorso delle partecipanti al torneo NCAA, ribattezzato March Madness.

 

Wisconsin Badgers

Una delle sfide più improbabili di queste Final Four è sicuramente quella tra Wisconsin e Kentucky, uno dei duelli meno pronosticati dagli esperti nel settore, ma anche dagli stessi tifosi: come ha rivelato un sondaggio della CBS, l’1.7% di coloro che hanno compilato il tabellone (il bracket) aveva puntato sui Wisconsin Badgers e solo l’1% aveva scommesso sui Kentucky Wildcats.

I Badgers di coach Bo Ryan, partiti come 12esima forza della stagione secondo l’Associated Press Poll, hanno chiuso la regular season al secondo posto registrando un record di 12-6 nella propria conference e con la miglior partenza in assoluto della loro storia (16-0). Nonostante l’eliminazione nella semifinale del Big  10 Tournament, il comitato ufficiale durante il Selection Sunday li ha piazzati nella seconda casella della zona West del tabellone principale, una decisione che è stata ripagata dagli stessi ragazzi biancorossi, autori di un cammino eccezionale. Ben Brust, nel Round of 32 contro Oregon, ha raggiunto quota 228 tiri da tre punti andati a buon fine, battendo il record precedentemente detenuto da Tim Locom; ma gli stessi Badgers, con la vittoria su Arizona per 64 a 63 all’overtime, si sono qualificati per la Final 4 dopo 14 anni di astinenza, ed è la terza volta in assoluto nella storia di questa università.

Il merito di questi risultati non è soltanto di Bo Ryan, come lo stesso coach ha ammesso (“È incredibile quello che i miei ragazzi riescono a realizzare quando non si preoccupano di chi gli da credito”, ha dichiarato in un’intervista): i tre fattori che hanno condizionato il cammino dei Badgers sono lo stato fisico e mentale della coppia Kaminisky-Jackson (rispettivamente points leader e assists leader), la rapidità dei movimenti con la palla e della palla e l’altruismo, elemento fondamentale nella riuscita di qualsiasi gioco di squadra. Ma per molti, l’unica strategia che dovranno adottare per vincere la semifinale è quella di mettere in seria difficoltà Julius Randle: la stella dei Wildcats, quando riceve palla a 4 metri di distanza dal canestro, quasi sempre mette fuori gioco la difesa avversaria. E la sua mossa di far girare rapidamente la sfera quando le marcature si spostano su dilui è uno dei cambiamenti improvvisi che coach Calipari adotta nei suoi schemi offensivi. Se i Badgers vogliono di vincere, dovranno porsi un solo obiettivo: neutralizzarlo.

 

Kentucky Wildcats

Dall’altra parte troviamo i Kentucky Wildcats, “l’ammazza grandi” per eccellenza. Dopo una stagione altalenante, i Kentucky Wildcats guidati da un quintetto interamente composto da freshemen (ovvero da matricole, ragazzi al primo anno di università) sono riusciti a raggiungere le Final 4 sconfiggendo una dopo l’altra le favorite alla vittoria finale. E il loro cammino è ricco di aneddoti.

Come abbiamo detto, al secondo posto nella South Eastern Conference si è aggiunto il secondo posto nel SEC Tournament, superati in finale dai Florida Gators per 61 a 60. Ripescati come ottavi nel ranking del Midwest, dopo aver battuto Kansas State nel Round of 64, i Wildcats hanno eliminato i Wichita State Shockers, che fino a quel momento non avevano mai perso. John Calipari,  head coach di Kentucky, ha dichiarato che questa è stata una vera e propria guerra contro la squadra più forte della NCAA, sostenendo inoltre che da una parte era contento per lui e i suoi ragazzi ma dall’altra era dispiaciuto per gli avversari, perché gli Shockers avevano registrato un ruolino di marcia impressionante (35 vittorie su 35 incontri). Inoltre lo stesso Calipari ha affermato che, dopo il buzzer-beater fallito da Fred VanVleet ad 1 secondo dal termine della gara, saltò improvvisamente talmente tanto in aria che quando toccò nuovamente terra si fece male ad un’anca. Non si tratta però dell’unica prestazione impeccabile di Randle e compagni: sull’onda dell’entusiasmo, i Wildcats hanno affrontato ed eliminato i campioni in carica di Louisville, stravolgendo ogni pronostico e compiendo un’incredibile rimonta nei minuti finali. E una rimonta tira l’altra, chiedere a Michigan per ulteriori conferme. I Wolverines infatti hanno subito un clamoroso ribaltamento all’ultimo istante del match, quando il punteggio si trovava sul 72 a 72: dopo il decisivo tiro da tre punti di Aaron Harrison a 2 secondi dal termine, Nik Stauskas ha provato il tiro della disperazione con un esito negativo. L’ultima immagine di questo confronto immortalava un Nik Stauskas demoralizzato in primo piano, ed i Wildcats che sullo sfondo stavano portando in trionfo la giovane guardia tiratrice. Il suo tiro in prossimità  della sirena è considerato uno dei migliori nella storia dei Kentucky Wildcats.

Tutti, ovviamente, sono rimasti impressionati dalla facilità di impostazione del gioco da parte di questo quintetto di puri freshmen: il centro Dakari Johnson, l’ala grande Julius Randle, l’ala piccola James Young e i fratelli Harrison, Aaron (guardia tiratrice) e Andrew (playmaker). Il giornalista della ESPN Max Kellerman ha commentato su Twitter le prove dei Wildcats, affermando che il quintetto di partenza ha dimostrato di avere una sicurezza nel gioco che non è tipica delle matricole, aggiungendo inoltre che il motto di coach Calipari “Non importa il punteggio, basta giocare” racchiude esaustivamente il cammino del suo team nella NCAA Tournament. E sempre tramite un cinguettio, l’account ESPN Stats & Info ha avvalorato la tesi di Kellerman: Kentucky è il primo team dal 1992 ad oggi ad aver vinto le Elite 8 con 5 freshmen nel quintetto di partenza, 22 anni dopo i Fab 5  di Michigan.

Si affronteranno due stili diversi, due rose che non hanno nulla in comune. I bianco blu dovranno  stare attenti a Frank Kaminsky, il centro di Wisconsin, l’unica vera gatta da pelare per la difesa. I ragazzi sono talentuosi e soprattutto scaltri: la loro grandezza fisica, unita all’atletismo, ha permesso loro di dominare in ogni zona del parquet, motivo che giustifica la loro tendenza offensiva. Hanno imparato a giocare e vincere insieme, e se sapranno usare anche un pizzico in più di malizia, risulterà sempre più difficile impensierirli.

Florida Gators

Indiscutibilmente sono la squadra da battere. Riprendendo quanto si diceva su  Attila, dove passano i ragazzi  di coach Donovan non cresce più l’erba: primo posto nella SEC regular season con un invidiabile record di 18 vittorie su 18 incontri nella propria conference, diventando così il primo team di questa conference ad aver chiuso la stagione regolare da imbattuti; quarto titolo nella storia di questa università nella South Eastern Conference, arrivato con il successo per 61 a 60 sui Kentucky Wildcats; nel NCAA Tournament, la quarta Elite 8 consecutiva ha un lieto  fine rispetto agli ultimi tre anni (eliminati in tutte e tre le occasioni), poiché il 62:52 su Dayton non solo permette loro di raggiungere le Final Four dopo 7 anni ma equivale anche alla 30esima vittoria consecutiva in questa stagione.

La striscia positiva che dura da dicembre 2013 è merito di una rosa solida e compatta. Il quintetto di partenza è il migliore delle quattro squadre presenti ad Arlington: al centro troviamo Patrick Young, un senior esperto nelle stoppate, capace di collezionarne ben 40 lungo il percorso; alle sue ali troviamo altri due senior, ovvero l’ala grande Will Yeguete e l’ala piccola Casey Prather, nonché points leader dei Gators con 496 punti messi a segno fino ad ora. Anche la difesa è ben sistemata: Michael Frazier II, il più giovane dei cinque, non è una semplice guardia tiratrice, ma un cecchino formidabile in grado di registrare una media del 44.8% dal tiro da 3 ed una media del 84.2% dal tiro libero. A protezione della giovane guardia c’è Scottie Wilbekin, il playmaker, assists leader e steals leader di Florida. Insomma, uno che ruba ai nemici per dare agli amici.

Davanti a loro troveranno i Connecticut Huskies, la sorpresa dell’East Region trascinata dalle intuizioni di Shabazz Napier. I pronostici, a dire il vero, sono tutti a favore degli alligatori: il pacchetto offensivo è il più forte e versatile della Final Four, trascinato dai tiri di Casey Prather e dai movimenti senza palla di Patrick Young, abile tanto nel pick-and-roll che nella fase di copertura. La panchina inoltre riserva il leader dei rimbalzi, Dorian Finney-Smith, il sostituto naturale di Prather, e le due giovani promesse Chris Walker e Kasey Hill. L’ultimo ingrediente utile nella preparazione di una macchina da guerra è l’allenatore, Billy Donovan, da 18 anni sulla panchina degli arancio-blu con i quali ha raggiunto  già due titoli NCAA, nel 2006 e nel 2007. Se questi sono i presupposti, se questa è la formazione sua disposizione, mantenere fede al detto “Non c’è due senza tre” sarà un gioco da ragazzi.

 

Connecticut Huskies

Ultima, ma non meno importante, la UConn, ovvero i Connecticut Huskies dell’Università del Connecticut. Tra le quattro partecipanti, sono quelli meno accreditati a giocarsi la finale nell’AT&T Stadium di Arlington, a causa anche di una stagione caratterizzata da alti  e bassi: dopo essersi aggiudicati il 2K Sports Classic, un torneo a invito che si svolge nel mese di dicembre, nella AAC (l’American Athletic Conference) si sono piazzati al quarto posto dietro gli SMU Mustangs, riscattandosi parzialmente nella AAC Tournament, dove si sono dovuti arrendere soltanto davanti ai campioni in carica della NCAA, i Louisville Cardinals. Il torneo universitario statunitense più importante lo scorso anno non vide ai nastri di partenza proprio la UConn, a causa delle sanzioni conseguenti alle penalizzazioni derivanti dalle pessime valutazioni rimediate nell’Academic Progress Rate, ovvero un metodo di misurazione che valuta i risultati accademici ottenuti dagli atleti che studiano nelle università affiliate alla NCAA Division 1. Quest’anno, però, la musica è cambiata e in rapida successione hanno dovuto cedere il passo Saint Joseph’s, Villanova, Iowa State e per ultimo Michigan State. Saranno anche gli ultimi arrivati, ma la voglia di rivalsa sarà uno dei fattori sui quali punteranno i ragazzi di Kevin Ollie per cambiare le carte in tavola.

Se si nominano gli Huskies, la prima cosa che viene in mente è la loro roccaforte: in difesa infatti possono contare su giocatori del calibro di Shabazz Napier, il playmaker nonché East Regional MOP (Most Outstanding Player), e Ryan Boatright, la guardia tiratrice, i quali fanno rispettivamente parte dell’All-American Athletic First Team e dell’All-American Athletic Second Team. Ma coach Ollie sa di poter contare anche sul tedesco Niels Giffey, lo swing man al suo ultimo  anno di college che completa il miglior pacchetto arretrato dell’intero paese; lo stesso nativo di Berlino si è posto come obiettivo quello di bissare il successo del 2011, quando vinse il titolo della Division 1 nel suo primo anno tra le fila degli Huskies. DeAndre Daniels e Philip Nolan, al contrario, sono i “punti deboli” del quintetto di Ollie; il giovane allenatore, tra l’altro, non ha una panchina ben assortita come quella del suo collega Billy Donovan, altrettanto giovane ma nettamente più esperto nel settore: Terrence Samuel e Amida Brimah sono gli unici in grado di assicurargli la stessa continuità del quintetto iniziale.

L’ultima volta che Gators e Huskies si sono incontrati, Shabazz Napier tirò fuori dal cilindro un buzzer-beater che diede la vittoria ai suoi per 65 a 64. Fu proprio questa l’ultima sconfitta subita da Florida in questa stagione prima di aver cominciato ad inanellare ben 30 risultati utili consecutivi. La UConn, invece, sono calati leggermente in rendimento e costanza dal loro ultimo faccia a faccia, ma ciò fortunatamente non ha influito nella loro post-season, come si è visto nella spettacolare rimonta ai danni di Villanova e nel successo sui favoriti Michigan State nella finale regionale. Ed ora, sulle ali dell’entusiasmo e con un Napier in stato di grazia, Kevin Ollie tenterà di sgambettare nuovamente i loro acerrimi rivali. D’altronde questa è la NCAA, tutto è possibile.

 

Valerio Scalabrelli – @Scalabro92

(fonte: Tribuna Italia)

Tegola in casa Magic: infortunio per Nikola Vucevic

Sicuramente la stagione di Orlando non è una delle migliore della sua storia (terzultima ad est) e sono lontani i tempi in cui Howard volava sopra il ferro dell’Amway Center. La squadra di quest’anno è tutta da fare e poche sono le certezze per il futuro. Tra queste Afflalo, Nelson, Oladipo e certamente anche quel Nikola Vucevic che tanto bene sta facendo nel ruolo di centro titolare, portando sostanza sotto canestro sia in attacco sia in difesa.
Nella notte però il lungo montenegrino si è infortunato alla caviglia nella sconfitta subita contro Golden State facendo tremare di paura i dirigenti della franchigia della Florida. L’infortunio in ogni caso non sembra grave e si spera dunque in breve nel rientro vedendo le sue buone cifre stagionali:

PTS REB AST
13.4 11.1 2

Vucevic Orlano

Una tegola che davvero non ci voleva in casa Orlando visti gli altri lunghi a disposizione (Glen Davis, Andrew Nicholson, Jason Maxiell and Kyle O’Quinn) e l’impossibilità di andare sul mercato non avendo contropartite valide e papabili per iniziare degli scambi.

S.L.

Draft 2013: quante sorprese

Il 27 Giugno 2013, al Barclays Center a Brooklyn, New York è andato in scena il Draft della NBA, ovvero la selezione dei giocatori amatoriali dei college americani e giocatori internazionali.

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La novità principale è stata la presenza dei New Orleans Pelicans, con il cambiamento del Nickname dell’ ex squadra di Chris Paul, attualmente ai LA Clippers, ovvero gli Hornets.

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L’altra grande sorpresa, soprattutto per i bookmakers è stata la prima scelta assoluta dei Cleveland Cavaliers : Anthony Bennett, primo canadese ad essere chiamato per primo.
Bennett è una ala grande o ala piccola all’occorrenza, che giocherà nei Cavs: classe 1993, nato a Toronto, alto oltre 2 metri, di 109 kg; ha militato nel team UNLV Runnin’ Rebels di Las Vegas, Nevada. 

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Per la sua stazza ed il suo modo di giocare è stato paragonato, a Larry Demetric Johnson, prima scelta assoluta nel Draft del 1991, da parte degli Charlotte Hornets e che ha militato anche nei New York Knicks. 

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La prima scelta era secondo il centro di Kentucky Nerlen Noel, ma che ha pagato l’infortunio al legamento crociato contro Florida ed è stato solo la sesta scelta da parte dei New Orleans Pelicans che però l’hanno girato ai Philadelphia 76ers con una prima scelta nel Draft 2014 in cambio di Holiday. 

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Le altre scelte sono state: Victor Oladipo da parte degli Orlando Magic, Otto Porter ai Washington Wizards, Cody Zeller ai Charlotte Bobcats, Alex Len, ucraino ai Phoenix Suns poi abbiamo detto di Nerlens Noel girato dai Pelicans ai 76ers, e chiudono le prime dieci scelte Ben McLemore ai Sacramento Kings, Caldwell-Pope ai Detroit Pistons, Trey Burke ai Minnesota Timberwolves ceduto agli Utah Jazz e McCollum ai Portland Trail Blazers; il primo europeo è stato Giannis Antetokounmpo, ala piccola graca, che finisce ai Milwaukee Bucks alla 15esima scelta. 

Marco Tarantino