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Focus on Chicago Bulls: il prossimo anno è quello del rilancio, arriva Melo?

La stagione dei Tori di Chicago era iniziata molto bene con il lento ma progressivo ritorno di D-Rose: purtroppo le flebili speranze per i Bulls di andare oltre i PO si sono infrante a Portland. Contro i Trail Blazers il ginocchio del #1 di Chicago fa crack: il responso è una condanna, Rose starà fuori tutta la stagione.
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Da quel momento è partita una nuova fase per la stagione dei Bulls: Boozer-Heinrich-Butler-Noah hanno cercato di farsi coraggio andando a cogliere numerose vittorie, alcune delle quali anche insperate, come quella di stanotte a San Antonio ak cospetto di Popovich.
Nel frattempo è stato impostato uno scambio con Cleveland: l’ex All Stars Deng è andato a dare man forte ai Cavs, che hanno girato Bynum (fuori rosa per comportamenti lesivi nei confronti della squadra) a Chicago, dove è stato immediatamente tagliato.
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Numerose voci di mercato circolano intorno alla squadra allenata da coach Thimbeau: Carmelo Anthony è in cima alla lista dei desideri dell’allenatore e lo stesso Melo potrebbe trovare a Chicago la piazza giusta per ripartire e lanciarsi alla ricerca del titolo NBA con D-Rose, con cui formerebbe una coppia davvero completa. Lo spazio salariale liberato da Deng e Bynum oltre al fatto che l’ex Denver Nuggets nel 2015 sarà un free agent sembrano indicare che la trattativa è più che una semplice voce di corridoio.
L’offerta per i New York Knicks potrebbe prevedere l’inserimento di Carlos Boozer che potrebbe finire nella Grande Mela insieme a qualche scelta non protetta per il prossimo draft.
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Non mancano però anche altre presunte trattative riguardanti la franchigia dove Micheal Jordan e Dennis Rodman hanno conquistato tutto.
Insistenti voci riguardano il possibile ritorno di Deng, che potrebbe essere stato parcheggiato a Cleveland per risparmiare sul suo ingaggio in questa stagione nella quale Chicago non ha molte possibilità di andare molto oltre i PO: semplici voci al momento che non trovano riscontri concreti.
Una cosa è certa, nella prossima stagione non verrà lasciato il peso delle sorti della franchigia solo sulle spalle di Derrick Rose!

@MarkTarantino89

Bulls: è difficile dimenticare Deng

Che Loul Deng,ala piccola sudanese di 206 centimetri, fosse simpatico non ci sono dubbi.

Ma nessun tifoso dei Bulls avrebbe immaginato di trovare ancora il suo faccione sui biglietti messi in vendita per le partite dei loro beniamini.

Deng è passato ai Cleveland Cavaliers il 7 Gennaio  in cambio di Andrew Bynum e tre scelte ai prossimi draft.

Al momento della cessione Deng era il quinto giocatore con più presenze e il quarto miglior marcatore nella storia dei Bulls.

Ha esordito con la canotta dei Cavs il 10 Gennaio scorso, durante la trasferta all’Energy Solutions Arena contro i Jazz mettendo a referto 10 punti in 21 minuti di gioco effettivo.

Evidentemente i suoi 10 anni di carriera a Chicago non sono rimasti solo impressi nei ricordi dei suoi ex tifosi, ma anche sui tickets.

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Manute Bol, la speciale benedizione del Sudan del sud

Mauro Maialetti,

Per Dunk NBA.

Quando giocano in trasferta potrebbero risparmiare spedendolo via fax”.

Questo era il laconico commento di un tal Allan Stewart Königsberg, al tempo Woody Allen.

Ed era forse la prima cosa che ti piombava nell’encefalo quando lo vedevi : un gigante magrolino.

Altezza fuori dalla norma ma corporatura non robusta, quasi esile per un “uomo” da 231 centimetri.

Manute nasce nel 1962 vicino Gogrial, una cittadina di 40 000 anime nel Sud del Sudan.

Suo padre, anziano e importante “rappresentante” della tribù Dinka, lo chiamò Manute che significa “speciale benedizione”.

La sua straordinaria altezza non è casuale, anzi : tutta la famiglia (mamma 208 centimetri, padre 203) e la tribù stessa era composta da spilungoni.

Da ragazzino la sua unica mansione era  badare al bestiame (pecore), fondamentali per il sostentamento di tutta la tribù.

Il primo sport che provò da giovane fu il calcio. Esperimento logicamente fallito.

Il perché è abbastanza scontato da capire : un uomo con un’apertura di braccia da 2 metri e mezzo circa non è  proprio adatto per giocare a calcio, nemmeno come portiere.

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Cosi si cimentò nel basket del suo paese, dove all’inizio sperimentò l’odio razziale della maggioranze dei sudanesi del nord, fino a quando finì sul taccuino di coach Don Feeley, della “Fairleigh Dickinson University”, che lo convinse ad andare in America.

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“Non capivo assolutamente una parola. Uscivo pazzo, ogni volta pensavo stessero parlando di me”.

In queste sue poche parole è descritto tutto il disagio relativo alla sua ambientazione nella nuova realtà a stelle e strisce.

Venne scelto nel draft del 1985 dai Washington Bullets (con una media di 5 stoppate a partita in 80 partite disputate) dove giocò per 3 stagioni (1985-1988) per poi passare ai Golden State Warrior (per 2 anni 1988-1990) dove si scoprì che non sapeva solamente stoppare a canestro, ma qualche volta poteva anche provare dalla lunga distamza (20 triple totali, 6 durante una sola partita).


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Al termine del 1990 passò ai 76ers dove la sua popolarità divenne molto alta nonostante le sue prestazioni non erano propriamente da tramandare ai posteri.

Rimase a Philadelphia per 3 anni, gli ultimi tranquilli sotto il punto di vista degli infortuni e gli ultimi anni veri come atleta NBA.

La stagione 1993-1994 fu a tutti gli effetti una stagione nefasta per Manute : cambiò ben 3 squadre (Miami, Washington e Philadelphia) collezionando solo 14 partite.

Le sue fragili ginocchia lo tormentavano in continuazione causa la sua corporatura abnorme e l’anno successivo tornò ai Warriors.

Purtroppo con il passare del tempo la situazione non migliorava affatto, anzi peggiorava causa forti artriti che lo costrinsero ad abbandonare la sua carriera da cestista americano dopo una breve esperienza con i Florida Beach Dogs.

In NBA chiuse con una media di 2.6 punti, 4.2 rimbalzi, 0.3 assist, 3.3 stoppate.

Mise a referto 1599 punti, 2647 rimbalzi e 2086 blocchi totali,comparendo in 624 partite, divise fra le 10 stagioni NBA disputate.

E’ ancora secondo per media-stoppate durante una stagione (5,8) e quattordicesimo assoluto per stoppate totali in carriera NBA (2086).

Ha il singolare primato nell’essere l’unico giocatore della storia NBA ad aver collezionato piu stoppate che punti durante la sua carriera (2086 stoppate, 1599 punti).

Ultima esperienza con il basket fu proprio in Italia, piu precisamente a Forlì: fu contattato da coach Massimo Mangano che lo volle in squadra. Il suo arrivo scatenò immediatamente l’entusiasmo della piazza che fu subito quietato dopo le 2 soli apparizioni fatte dall’atleta e il conseguente taglio da parte della società.

Fu cosi che Manute chiuse definitivamente con il basket e tornò in Sudan col portafogli bello pieno: 10 anni di attività in NBA piu tutti gli innumerevoli compensi pubblicitari.

Piccola digressione sul Sudan : la sua patria, sia allora sia oggi, è tutt’altro che tranquilla: persiste una sanguinosa guerra civile che ha mietuto la bellezza di circa 2 milioni di vittime.

Il paese è diviso tra una parte settentrionale di arabi musulmani e una meridionale di neri cristiani e di altre fedi locali varie, continuamente perseguitati. I musulmani al potere tollerano e sostengono le persecuzioni ­, i massacri, schiavismo, allontanamento dai villaggi nei confronti della gente del sud e sono combattuti da gruppi ribelli, tra cui quello a cui appartengono i Dinka.

Nel frattempo, per Manute, le cose non vanno tanto bene.

Alcune voci mai confermate sostengono che spese molti soldi per finanziare i guerriglieri della sua tribù.

Inoltre un paio di attività nelle quali l’ormai ex cestista aveva investito ingenti somme vanno in bancarotta e viene addirittura perseguitato perché aveva rifiutato di convertirsi all’Islam.

Economicamente aiutò sempre la sua nazione sostenendo molte cause per essa e visitando spesso i campi profughi sudanesi, dove veniva accolto come un re.

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Causa soldi che stavano finendo e tranquillità non alle stelle, decise di tornare negli States.

Ma il governo del suo paese glielo impedì non concedendogli il visto d’uscita.

Fu accusato inoltre di sostenere i ribelli cristiani Dinka e non ottenne il visto se non con l’aiuto dei suoi sostenitori americani tra cui il senatore del Connecticut Joseph Lieberman, che raccolse fondi per permettere a Bol di stabilirsi in Egitto.

Dopo 6 mesi di trattative con i funzionari del consolato degli Stati Uniti, ed ottenuto lo status di rifugiato , Bol e la sua famiglia erano finalmente in grado di lasciare l’Egitto(dove gestì una scuola di basket frequentata da un rifugiato sudanese suo amico di nome Loul Deng, attuale giocatore dei Cleveland Cavaliers) e tornare negli Stati Uniti.

Non dimenticò mai la sua patria, che continuò ad aiutare economicamente e nel sociale: si adoperò con una fondazione (Sudan Sunrise)per migliorare il livello di istruzione del Sudan e si mise a disposizione per diverse giornate di beneficenza con lo scopo di raccogliere fondi per l’Africa e per il suo Sudan.

Muore  a Charlottesvile, il 19/06/2010 a causa di un’insufficienza renale acuta conseguente alla sindrome di Stevens-Johnson, infezione contratta in Africa durante uno dei suoi viaggi umanitari.

Per noi tutti, amanti di questo sport, resterà lo stoppatore per eccellenza, che non aveva bisogno di saltare per togliere la palla dal canestro. Una persona umile, semplice, che in cuor suo aveva un solo obiettivo: avere un sogno per se e per la sua gente africana.

Sogno che si è avverato.

“If everyone in the world was a Manute Bol, it’s a world I’d want to live in. He’s smart. He reads The New York Times. He knows what’s going on in a lot of subjects. He’s not one of these just-basketball guys”

Gia, proprio cosi.

He is not one of these just-basketball guys.

“Sir” Charles Barkley sei Suns ha detto praticamente tutto.

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